La malattia a “scacchiera” o “a macchia di leopardo”, ovvero l’insieme di assenze fruite dal dipendente per malattia non continuative potrebbero determinare la legittimità del licenziamento per scarso rendimento.
Sul punto è recentemente intervenuto il Tribunale di Roma, con una sentenza del 7 novembre 2016, a parere del quale, le numerose e sistematiche assenze del lavoratore a vario titolo, agganciate tra loro ed anche ai fine settimana, comunicate al datore di lavoro con scarso preavviso, valgono a qualificare la prestazione lavorativa come connotata da scarso rendimento, perchè la stessa si rivela non sufficientemente e proficuamente utilizzabile dal datore di lavoro, nonchè pregiudizievole per l’organizzazione e produzione aziendale.
Nel caso di specie si trattava di un’impiegata addetta alle risorse umane, che ha collezionato 120 giorni di assenza su 248 giorni di lavoro, talvolta per malattia, talvolta per ferie, talvolta per permessi.
Nel caso di specie, ciò che ha determinato il datore di lavoro a intimare il licenziamento per scarso rendimento è stata, da una parte, la difficoltà di fruizione della prestazione e, dall’altra, la concomitanza delle assenze ai weekend o ai ponti.
A nulla sono servite le doglianze della dipendente licenziata per scarso rendimento in ordine alle vessazioni subite nel corso del rapporto dal proprio datore di lavoro.
Il tribunale, ha aderito ad un orientamento di Cassazione (sent. 18678/14), secondo il quale nell’accertare la legittimità di un licenziamento per scarso rendimento irrogato ad un lavoratore in ragione di sistematiche assenze per malattia a “scacchiera” o a “macchia di leopardo” è necessario verificare se la prestazione di lavoro divenga di fatto non utile per l’impresa.
Del resto, il licenziamento per eccessiva morbilità, è stato più volte riconosciuto legittimo dalla giurisprudenza, sebbene si tratti di un orientamento che faccia fatica ad affermarsi, nonostante la giurisprudenza della suprema corte